Breve Manuale per Aspiranti Accompagnatori. Come suscitare la motivazione alla cura.

È nell’esperienza comune di molti colleghi il contatto con persone che chiedono un consiglio di fronte a comportamenti di loro congiunti o parenti che manifestano o provocano forte disagio o sofferenza.

Spesso sono genitori di figli ormai adulti, che esprimono molta preoccupazione per le abitudini o le scelte dei loro figli, a volte francamente distruttive o segnale di un blocco nella progettualità esistenziale, a volte solamente contrarie ai valori e alle aspettative dei genitori.

Altre volte sono fratelli, che vedono, magari in seguito ad un evento doloroso (ad esempio la perdita del lavoro, di un legame importante…) il loro fratello cadere in depressione e ridurre sempre più i suoi contatti col mondo, o utilizzare l’alcool o comportamenti compulsivi per gestire il proprio malessere.

In tutti i casi, spesso si sente una pressione urgente, la spinta a fare qualcosa subito, un senso di emergenza. Le richieste sono le più varie: recarsi presso l’abitazione del presunto sofferente, o in un vicino locale pubblico, spacciandosi per “un amico” e tentando un improbabile aggancio, accompagnamento presso lo studio con una scusa e senza che il soggetto in questione sia stato informato o abbia espresso il suo consenso, oppure appuntamenti a sorpresa o richieste di convocazione.

Insomma, si chiede al professionista di prendere l’iniziativa per un contatto con qualche stratagemma, confidando forse nelle sue capacità di convincimento.

Inutile dire che questi tentativi in genere non sortiscono l’effetto sperato.

Una categoria a parte sono i genitori di adolescenti, che giustamente contattano uno psicologo per una consultazione psicodiagnostica nei confronti del figlio, che manifesta difficoltà in vari ambiti della vita (scolastico, relazionale, famigliare). Anche in questo caso si dovrà verificare la disponibilità del destinatario dell’intervento, ma, data la minore età e la generale scarsa disponibilità degli adolescenti a chiedere aiuto, un accompagnamento in genere è la norma.

In tutti i casi, prima di ogni azione, è utile un confronto con il professionista per valutare le possibilità e le modalità di un eventuale invio.

Partiamo dalla constatazione clinica che il motore della riuscita di una psicoterapia è la motivazione del paziente. Una motivazione legata alla percezione del disagio e della sofferenza che la propria situazione genera in sé e negli altri.

Non è sempre possibile motivare una persona a farsi aiutare, soprattutto se quella persona ottiene cospicui vantaggi dalla sua condizione, oppure è del tutto inconsapevole, o disinteressata, alla sofferenza che provoca negli altri. O se ritiene che il suo modo di vivere, a torto o a ragione, sia pienamente legittimo, secondo il suo modo di vedere.

Partendo dalla constatazione che non esistono scorciatoie, è possibile provare a porsi qualche domanda.

Di chi è la sofferenza? È certamente doloroso per un genitore, un fratello, un marito o una moglie vedere il proprio congiunto fare scelte sbagliate, provocare situazioni conflittuali o dannose, contrarre abitudini pericolose, ad esempio il gioco d’azzardo, o l’abuso di alcool o di sostanze, o, per motivi caratteriali, non riuscire ad esempio a gestire le relazioni sul lavoro, eccetera.

C’è il desiderio che qualcuno, quasi “magicamente” intervenga a far cessare la follia, con l’autorità di chi sa cosa è normale e cosa è patologico. Ma senza il consenso, non è possibile fare nulla. E spesso, di fronte a situazioni complesse o di vecchia data, non è detto che l’intervento psicologico sia sufficiente.

Allora è utile chiedersi: quali spazi ci sono, nel dialogo con la persona, per operare ai fini di convincerlo a provare a fare un passo nella direzione di una domanda d’aiuto?

Con quali parole, in quali modi si può tentare?

Come confrontare, a volte con decisione, la persona con i suoi comportamenti e le loro conseguenze? Come superare le barriere della negazione (“non ho nessun problema”), della minimizzazione (“è successo solo una volta…”), del ribaltamento (“il problema ce l’hai tu, io sto benissimo”), e della procrastinazione (“Chiamo domani…”)?

Queste sono alcune delle domande a cui una consultazione con lo psicologo può cercare di dare una risposta, perché non esistono ricette, ma possibili strategie di invio costruite a partire dalla situazione, dalle possibili risorse che si possono attivare.

A volte lo psicologo potrà indicare un servizio psicologico più indicato per le problematiche portate, che richiedono la presa in carico da parte di più professionalità, o metodologie di intervento specifiche.

Se non si può motivare qualcuno ad accettare una cura, si può però provare a motivarlo ad accettare un percorso psicodiagnostico. È un percorso preliminare ad ogni proposta di intervento, sia essa una psicoterapia o colloqui di sostegno o di preparazione all’invio ad un servizio più adatto.

Il suo scopo è tracciare un quadro del funzionamento psichico del soggetto: la sua storia, il suo carattere, la sua personalità, il suo mondo relazionale, eventuali sintomi o problemi nel comportamento, ecc. È un intervento a termine, che si svolge attraverso colloqui psicologici ed eventuale somministrazione di test, che ha appunto lo scopo di descrivere la personalità del soggetto.

Una volta completato, sarà possibile per la persona interessata decidere se accettare o no un eventuale percorso di cura, sulla base di una restituzione delle sue problematiche e difficoltà, così come sono emerse dalla valutazione. Questo potrà portare ad una scelta più consapevole, non legata necessariamente alle esigenze dei famigliari, ma alla sofferenza della persona, così come si è manifestata durante il percorso.

Mi occupo di:

  • Disturbi d’ansia, fobie, attacchi di panico, sindromi ossessive, disturbi di personalità e stati depressivi
  • Disturbi da stress post-traumatico tramite Psicoterapia EMDR
  • Dipendenza da cocaina
  • Situazioni di crisi e sofferenza legati a diverse fasi della vita: separazione, lutti, pensionamento, ecc.
  • Problemi di coppia
  • Conflittualità familiari
  • Problemi legati all’autostima e a situazioni personali e professionali di particolare stress
  • Problemi sessuali individuali e di coppia in assenza di patologie organiche
  • Disagi psicologici correlati a patologie organiche
  • Disagi nell’area adolescenziale: problematiche relative alla propria identità, al proprio progetto di vita, disagi rispetto al proprio corpo, conflittualità con i genitori
Dr. Guido Pozzo Balbi

Psicologo e Psicoterapeuta a Trezzo sull'Adda
P.I. 03014460160
Iscritto all’Albo Professionale degli Psicologi della regione Lombardia n. 6086 del 07/03/2001
Laureato in Psicologia Clinica e di Comunità, e specializzato presso la Scuola di Psicoterapia COIRAG

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